Intervista all'autore: Ginevra Van Deflor
Lettori e
lettrici buongiorno,
L’intervista
di questa settimana è dedicata a Ginevra Van Deflor ed al suo libro “Back to
school” la cui recensione la potete leggere qui nel blog prima delle domande e delle sue interessanti risposte!!!
1 – C’è un
avvenimento in particolare che ha fatto scaturire in te l’idea di scrivere una
storia come quella del tuo libro?
Guarda, più
che un avvenimento singolo, potremmo parlare di una serie di avvenimenti. Una
serie pressoché infinita, come infinite ed inverosimili sono le vicissitudini
di chi, quasi da un giorno all’altro, diventa non più semplice “genitore”, ma “genitore
di un bambino che va a scuola”.
Non saprei
ricordare una precisa causa scatenante, quanto quella sensazione che ogni
giorno ce ne sia una nuova, e una più incredibile dell’altra – dalle procedure
dell’iscrizione, alle liste delle forniture scolastiche, ai rapporti con il
resto dell’universo-genitori o con quello, a tratti ancora più “alieno”, della
scuola e delle maestre. Finché, all’ennesimo “ma-non-ci-posso-credere” che mi
usciva spontaneo, ho pensato: ci devo scrivere un libro. Prima di tutto, così
mi sfogo e non impazzisco. Poi perché, a parlare con varie mie amiche, sparse
un po’ in ogni dove, in Italia e all’estero, ma nella stessa mia situazione –
tutte mamme di bambini in età scolare – mi sono resa conto che le cose sono più
o meno le stesse ovunque, le chat di Whatsapp ti perseguitano, i compiti sono
più complicati della discussione di laurea in fisica quantistica, la
competizione sfrenata, la tendenza a drammatizzare ogni inezia onnipresente.
Quindi ho pensato che condividere le mie esperienze con altri genitori, come
me, nelle stesse situazioni, avrebbe aiutato sia me sia loro a riderne un po’
(e riderci un po’) sopra.
2 – Quando
e come è nata la tua passione per la scrittura?
Mentre il tuo nome come lo hai scelto?
La passione
per la scrittura mi segue da sempre, dalle elementari. Io ero una bambina
estremamente timida e, come spesso accade ai timidi, questo aspetto del mio
carattere mi portava a chiudermi nel mio mondo interiore – iper-popolato
iper-colorato strabordante di tutto ciò che non sapevo esprimere fuori. Ho
avuto la fortuna di avere la classica maestra “brillante”, che stimolava molto
la creatività – o perlomeno permetteva, a coloro che ne avevano, di darne
libero sfogo. Ricordo racconti scritti all’epoca, partendo da tre parole – tipo
coccodrillo, astronauta, luna – che avevano poco o niente a che fare l’una con
l’altra. Ricordo il piacere di vedere le parole che prendevano forma sulla
carta. Alle medie finivo prima il tema della mia compagna di banco, e poi il
mio, e a chi credeva che lei mi sfruttasse, rispondevo che in realtà era quasi
il contrario: lei mi permetteva di scriverne 2, di temi, quindi di base era lei
che mi stava facendo un favore.
Riguardo al
mio nome, come dicevo ho sempre amato raccontare storie, anche perché dentro di
me vivono mille e più persone e personaggi diversi. Ho sempre pensato che fosse
un peccato dover vivere (o scegliere di vivere) una vita sola, quando ce ne
sono così tante, di possibili. Il mio nome è quello di una delle tante persone
che vivono dentro di me. Ginevra è un nome bellissimo, che richiama gesta
cavalleresche, in universi magici ed incantati. Mi pareva avesse il giusto
fascino per una scrittrice, con quel non so che di esotico (mi è stato chiesto,
ad esempio, se il mio cognome significa che io abbia origini olandesi) che
contribuisce a velare ulteriormente di un certo qual mistero la figura del mio
pseudonimo. O, almeno, a me così è parso.
3 – Hai
avuto dubbi, durante la stesura, se pubblicarlo o no dato l’argomento di
denuncia?
Dubbi se
pubblicarlo, no. Paura che potesse venire mal interpretato, sì.
In parte
perché i miei racconti sono tratti da eventi realmente accaduti, a me in prima
persona o ad amiche, o ad amiche di amiche. Certo, poi è tutto amplificato
dalla mia modalità di vedere e di ridere delle cose, tendenzialmente
paradossale. Ma mi sono posta il problema se magari qualcuno si potesse
riconoscere, ed offendere, cosa che mi dispiacerebbe moltissimo, perché non è
minimamente nelle mie intenzioni – anzi, l’opposto. Il problema reale è che la
scuola ha a che fare col classico tasto dolente, o meglio punto debole, di ogni
genitore: il proprio figlio, che al di là di retorica è spesso davvero il bene
più grande. Questo rende tutti noi (mi metto in mezzo in primis) estremamente suscettibili
e un filo iper-protettivi. Capita che si reagisca eccessivamente proprio per
questo, e scrivendo il libro mi sono chiesta spesso: capiranno che voglio
sdrammatizzare, non prendere in giro? O che, se prendo in giro, la prima a
prendere in giro è me stessa, ‘che alla fine dovremmo tutti noi prenderci un
po’ meno sul serio? Per dire, io prendo un po’ in giro il fatto che ormai sia
impossibile organizzare un buffet di compleanno perché ci sono mille allergie
alimentari, intolleranze, menù differenziati, ecc. Ma poi esce fuori una
polemica enorme contro un film come “Peter Rabbit” perché non sensibile a chi
soffre di allergie alimentari e allora mi chiedo: come verrà preso il mio
libro? Capiranno che scherzo?
4 –Potresti
citarmi un paio di cose su cui si dovrebbe agire immediatamente nell’ambito
della scuola?
È una
domanda davvero complicata, e forse esula da quello che è effettivamente il
senso e lo scopo del mio libro. Che vuole essere più che una – “scherzosa” –
critica alla scuola, una – “molto scherzosa” – critica a noi genitori. Che
siamo un po’ troppo ossessionati dalle prestazioni. Che fin dalle elementari
investiamo eccessivamente sul rendimento. Che organizziamo delle giornate ai
nostri figli più intense e ricche di impegni di quelle di un dirigente o di un
funzionario di alto grado. Che vogliamo talmente il “meglio” per loro da
combatterci a suon di feste sempre più faraoniche, smisurate, costose. Che li
incitiamo a non essere competitivi e poi faremmo noi lo sgambetto al loro
compagno se ha preso un voto più di loro. Insomma, in breve, che esageriamo e
che dovremmo un poco riprenderci. Perché, è vero, la scuola ha mille difetti –
ma dubito che sia scarnificandosi i polpastrelli a furia di messaggi nella chat
di Whatsapp che si possa immaginare di risolverli.
5 – Il tuo
modo di scrivere è ironico e particolare: come ti è venuta l’idea anche del
formato delle parole all’interno che si differenziano a volte da quelle
tradizionali?
L’idea mi è
venuta da una constatazione: da quando sono mamma, mi capita di avere un
universo di riferimento insolitamente infantile. Mi spiego: se in tempi non
sospetti (leggi, prima di diventare genitore) quando parlavo con gli amici
magari, negli esempi, mi veniva automatico di citare l’ultimo film, concerto,
spettacolo, canzone visto o ascoltato, da quando ho bambini mi capita di
ascoltarmi paragonare cose o persone a cartoni Disney, citare battute dei
Minions, dare per scontato che chiunque conosca Elsa di Frozen. A volte ho
notato che amici – rigorosamente senza figli – mi guardavano attoniti come se
improvvisamente mi stessi mettendo a parlare in Klingoniano (per i
non-trekkiani, diciamo in una lingua straniera mai udita prima). Ma se gli
amici hanno figli, capita anche a loro, con la stessa naturalezza con cui viene
a me. Quindi ho adottato una versione “adulta” della grafica alla “Geronimo
Stilton” – che ai non-genitori non dirà nulla, ma chi ha figli conosce quasi
sicuramente. Un po’ per evidenziare l’assunto di base del libro, che quando si
diventa “Genitori-di-Allievi” è un po’ come se a scuola si ritornasse noi – che
utilizziamo gli stessi schemi di riferimento dei nostri figli. Un po’ anche per
(di nuovo!!! Lo so, tendo a strafare!!) prendere in giro la tendenza attuale a
guardare le immagini più che leggere. Quindi, come la grafica di Geronimo aiuta
i neo-lettori alleggerendo un po’ il peso della lettura, l’idea sarebbe che
avvenga altrettanto nel mio libro. Visto, tra l’altro, che adoro parlare molto,
e quindi anche scrivere fitto fitto. Perciò, magari, ogni tanto qualche
immagine per tirare il fiato non guasta.
6 - Ci puoi
raccontare, se c’è, un aneddoto sul tuo libro?
Non saprei
dire se possa considerarsi davvero un aneddoto sul libro, ma è una cosa che mi
ha fatto molto ridere. Una volta pubblicato BACK TO SCHOOL, ho iniziato a darmi
da fare per farlo conoscere in giro e, tra le varie mamme blogger che mi hanno
aiutato, ho collaborato con una, molto gentile ed in gamba, che si fa chiamare
Gingiorgina, e che fa video spiritosi su situazioni tipiche da “mamme”. Le ho
scritto la sceneggiatura di un suo video-post sulla chat di Whatsapp relativa
alle riunioni di classe maestre-genitori. Poi, qualche mese dopo, quando
parlavo del fatto di aver scritto un libro con mia cognata (che, come il resto
della mia famiglia, non ne sapeva ancora niente, perché quando mi dò uno
pseudonimo me lo dò sul serio, e poi non ne parlo con nessuno), lei mi ha detto
“maddai, allora sarà un argomento tipo quello di un video troppo carino che ho
visto su Facebook, pensa che volevo prendere il libro della tipa che ci ha
collaborato, mi sa che sono cose simili a quelle che hai scritto tu”. E alla
fine, peggio di una puntata di Carramba, che sorpresa!, o di una qualsiasi
trasmissione della De Filippi, cosa è venuto fuori? Che il video era quello che
avevo scritto io! E, dal video, aveva preso il nome del mio pseudonimo e del
mio libro su Amazon!
La cosa mi
ha fatto ridere, perché il fatto che lei lo avesse visto, e le fosse piaciuto,
senza sapere che io avevo qualcosa a che farci, mi è sembrato davvero buffo. E
ho anche pensato che, alla fine, un po’ del lavoro che avevo fatto nei mesi
precedenti per fare promozione al libro, magari aveva funzionato!
7 – Secondo te cosa manca ora all’ambiente
scolastico che dovrebbe essere inserito per migliorarlo, ma che ci vuole
vorrebbe più tempo (rispetto alla domanda 4)?
Trovo – ma
è una cosa che si ripete da sempre, quindi davvero niente di nuovo sul fronte
(che sia o meno occidentale) – trovo, dicevo, la scuola estremamente
auto-referenziata. Distante. Non solo e non esclusivamente dal pratico, dal
concreto, dal mondo del lavoro, che – perlomeno se parliamo di primaria – può
quasi essere un bene. Ma anche dai bambini stessi. A volte sembra si ripetano
delle cose così, per inerzia, senza domandarsi a cosa servano davvero.
Spessissimo il significato pedagogico di una serie di cose – lezioni, argomenti
trattati, maniere più o meno rigide di trattarli – sfugge completamente, per
quanto ci si possa sforzare di coglierlo. Poi in realtà un discorso generalizzato
è difficile da fare, si scadrebbe facilmente nel banale – anche perché ogni
scuola, pur avendo una serie di caratteristiche in comune, ha le sue
differenze. E, come sempre, la differenza più grande la fa la maestra. E,
ancora di più, l’entusiasmo e la voglia che ha quella maestra di insegnare alla
sua classe. Quindi, forse, bisognerebbe proprio cominciare da lì. Motivarle,
incentivarle, premiarle. Perché, oggettivamente, il loro compito è tutto fuor
che facile (come appare evidente ogni volta che ci si offre volontari per
accompagnare una classe a qualche uscita scolastica, e si ritorna pensando che
quelle donne – o quegli uomini, se sono maestri – siano come minimo dei santi
martiri prossimi alla beatificazione).
8 – Oltre
alla scrittura quali sono le altre tue passioni?
Adoro, ma
va di pari passo, credo, leggere. Poi l’arte, il cinema, il teatro. Viaggiare.
Il mare. Ridere ed ascoltare ridere dei bambini. E vedere gli occhi di un bimbo
quando si sorprende, che si allargano ad inghiottire il mondo e ti riscaldano
dentro, come niente altro sa fare. Amo la fantasia, e mi dispiaccio sempre di
constatare di quanta poca se ne usi abitualmente. Amo il suono delle parole, il
gusto di cercare quelle appropriate, lo sforzo di non ripetersi o non scadere
nello scontato. E poi, adoro spettinare le persone. Che nella mia personale
lingua, significa scombussolarle un poco, farle uscire dai loro sentieri
prefissati, stupirle, o anche solo smuoverle dal loro torpore.
9 - Quali
sono i tuoi autori e libri preferiti: puoi citarmene un paio?
Ultimamente
ho letto spesso Amelie Nothomb, di cui adoro lo spirito, ma anche il modo di
scrivere semplice e chiaro, la prosa cristallina che mi piacerebbe un giorno
saper eguagliare. Ci sono poi una serie di grandi classici, dall’immancabile
Garcia Marquez (Cent’anni, un grande amore), a Pirandello (Uno, nessuno e
centomila, in pratica il mio manifesto), a Kafka, Hesse, Calvino, Unamuno di
Niebla. E poi ancora, Douglas Adams di Guida intergalattica, Mann dei
Buddenbrook, Baricco (in particolare Oceano Mare), Uomo invisibile di Ellison,
A quattro mani di Paco Ignacio II Taibo, … Potrei continuare all’infinito, mi
piace moltissimo leggere e più penso a dei libri che ho amato più me ne vengono
in mente altri.
10 -
Sperando in un altro tuo libro. ti chiedo se puoi anticiparci qualcosa circa i
tuoi progetti per il futuro?
Al momento
ho iniziato a scrivere parecchio (o, perlomeno, ci provo) sul web, prima di
tutto per fare un po’ circolare il nome. Perché, devo dirti la verità, adoro
scrivere, ma come piccola realtà completamente sconosciuta quale io al momento
ancora sono, la mia fatica più grande è far sapere che ho scritto. E non solo.
Scrivere richiede tempo, possibilità di concentrarsi, lusso di interrompersi
quando proprio qualcosa non viene. È un grandissimo piacere, ma è anche un
investimento notevole – in tempo, quindi inevitabilmente in soldi, e fatica
(come immagino tu ben sappia). Mi piacerebbe poter trovare il modo di
dedicarmici senza dover fare i salti mortali per – nel contempo – dovermi
occupare di tutto il resto, che scrivere non è: i social, cercare come
promozionarsi, occuparsi in prima persona della promozione, ecc. Quindi, sì, ho
in progetto in realtà più di un libro, ma sto anche cercando di scovare
modalità che mi permettano di scrivere – che è ciò che amo – potendomici
dedicare in modo un po’ più sereno. Vivere di corsa, oltre che sinonimo dei
nostri tempi, lo è anche dell’essere genitore, in particolare quando i bimbi
sono ancora piccoli, lo so. Ma magari mi è possibile trovare un sistema a me
più consono grazie al quale ciò che scrivo riesca ad arrivare – e poi, ovvio,
il punto di domanda, se piace, ci sarà sempre. Ma perlomeno potrò concentrarmi,
in massima parte, solo sull’aspetto scrittura e non anche su ciò che scrivere
non è, ma ci gira intorno.
11 - Infine
una curiosità: qual è stato il tuo ultimo libro che hai comprato e/o letto?
Ho appena
comprato (e non ancora letto) Donne che corrono coi lupi, di Clarissa Pinkola
Estés, un libro un po’ particolare, di una analista junghiana (Jung è un’altra
mia passione). E ho appena finito di leggere un libro geniale della letteratura
per l’infanzia, Il libro perduto, di Pierdomenico Baccalario. Perché sto
studiando un po’ la materia e facendoci un pensierino per i prossimi lavori, e
perché adoro leggere con i miei figli: ormai leggono da soli, ma io poi leggo
il libro che hanno appena finito così ne parliamo insieme.
grazie del tempo che mi hai dedicato
a presto
Gabriele
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