Intervista all'autore: Mario Caruso
Buongiorno a tutti,
come promesso, con settembre, dopo la pausa estiva, torna la rubrica "Intervista all'autore",

4 – C’è un
messaggio in particolare che vorresti trasmettere al lettore?
Grazie del tempo che mi hai dedicato
a presto
Gabrio
come promesso, con settembre, dopo la pausa estiva, torna la rubrica "Intervista all'autore",
Quindi ricominciamo con quella realizzata a Mario Caruso, l'autore che ci racconta di sè e del suo libro "Di là dal muro" la cui recensione la trovate, come sempre, qui nel blog.

Mario
Caruso è un musicista, compositore e scrittore aretino di classe 1987. Si
diploma nel 2005 in
Periti Aziendali Corrispondenti in Lingue Estere. Dopo anni impegnato nel mondo
del lavoro nel settore commerciale e delle comunicazioni, si iscrive
all’Università degli Studi di Siena (DSFUCI) al corso di Studi Umanistici
(Letteratura, Arti e Spettacolo). Nel 2016 si laurea con lode con una tesi dal
titolo “Metamorfosi della tecnica narrativa nel romanzo italiano del Novecento.
Morante, Calvino e Pratolini: dietro il narratore cangiante, frammenti
autobiografici, linguaggi e ideologie”, che è in progetto di essere rielaborata,
arricchita e pubblicata come saggio. Attualmente frequenta il corso magistrale
di Italianistica e Storia europea all’Università degli Studi di Perugia.
Incentra i suoi studi principalmente sul romanzo e sulla poesia dell’Ottocento
e del Novecento, con particolare attenzione alla critica letteraria e alle
forme della narrativa contemporanea e del racconto. Collabora con una rivista
di approfondimento online chiamata «Inkorsivo», nella rubrica dedicata a
recensioni di letteratura, musica e cinematografia. Partecipa con relazioni a
seminari tenuti nelle università di Siena e di Perugia.
Nel 2015
pubblica il suo primo romanzo, “Il grande buio”, con Aletti editore nella
collana Emersi-Narrativa. Nel 2017 pubblica una breve raccolta poetica per la
collana “Ispirazioni” a cura di Editore Pagine, sotto la direzione artista del
poeta e critico Elio Pecora. Nello stesso anno partecipa a dei premi letterari,
ottenendo il III posto nella sezione poesia nel concorso “La mia rinascita” di
Montegrappa Edizioni e il I posto nella sezione poesia nel concorso UNILAPIS#17
organizzato dall'ente ADISU dell'Università di Perugia. Nel 2018, con Ladolfi
Giuliano Editore, pubblica “Di là dal muro” nella collana Perle-Narrativa
diretta da Giulio Greco, con un saggio introduttivo di Tommaso Ghezzi. Il
romanzo, che è una nuova edizione rivisitata e arricchita de “Il grande buio”,
è stato presentato al Salone Internazionale del Libro di Torino il 10 maggio
2018, durante la conferenza “Introspezioni ed estrospezioni: l’essere umano
oggi” tenuta allo Spazio Autori e coordinata da Giuliano Ladolfi. Dedica il suo
tempo alla ricerca letteraria, alla carriera musicale e ai viaggi.
1 – L’argomento del lavoro è molto attuale, come
mai la decisione di metterlo al centro del tuo libro?
La
questione sul lavoro mi è sempre stata molto a cuore, tanto più che oggi
rappresenta un argomento molto delicato, molto discusso e a suo modo controverso.
Il lavoro prima di tutto è un'esperienza e un fatto sociale: fa parte dell'uomo
da sempre. Tutti prima o poi ne hanno a che fare, quindi tutti hanno una
propria idea di lavoro e sono in grado di raccontarlo, di descriverlo. Nella
letteratura – che sia in versi, in prosa, saggi o articoli – che ruota attorno
al tema del lavoro ho sempre colto la vera essenza dell'umanità, quell'essenza
che ora è fragile ora è dignitosamente forte, capace di sopportare ingiustizie,
soprusi e veleni. Ecco, il mio romanzo nasce proprio dall'esigenza di
raccontare questo lato umano. Ho voluto dare (e dire) la mia personale
interpretazione di un elemento che più condiziona la sua vita. "Di là dal
muro" è quindi frutto di un'osservazione diretta e indiretta dei luoghi e
dei volti del lavoro, una mise en pièce nero su bianco di una precisa ideologia
a riguardo, mitigando il tutto con la finzione del romanzo e con della sana
ironia, talvolta anche pungente.
2 - Mi
indicheresti un pregio e un difetto del carattere di Moreno?
Come non
accade spesso nei romanzi moderni, il personaggio principale, cioè Moreno, è
del tutto negativo, un anti-eroe che somatizza tutto in maniera esasperata e
che si fa condizionare troppo dalle persone e dagli eventi. Ha una personalità
suggestionabile e indefinita, cioè in fase di sviluppo, travagliata di sicuro
dagli eventi passati e presenti della sua vita e da un futuro che si prospetta
incerto. Ho gravato sulle sue spalle – con una certa viltà, diciamolo – tutto
il carico della crisi moderna: un carico troppo grande che lui, come tanti, non
è ancora in grado di reggere: ecco perché in questo senso ho agito da autentica
carogna. Direi inoltre che Moreno è il mio personaggio anti-biografico in
eccellenza, che però ringrazio di "esistere" soprattutto perché ha
sancito in maniera netta il confine tra me e il romanzo, e che mi ha permesso
di distanziarmi intellettualmente dai fatti e dai personaggi. Un pregio di
Moreno è senz'altro la capacità di amare fortissimo un'altra persona, al di là
di tutto, contro tutto e tutti, con un'ingenuità che a dire il vero invidio.
Molti miei lettori si sono identificati in questa personalità, il che da un
lato mi ha fatto piacere, da un altro mi ha fatto molto riflettere.
3 – Al
posto di Moreno come ti saresti comportato?
All'età di
19 anni la reazione al mondo del lavoro è più o meno prevedibile, anche se non
è uguale per tutti; alcune sensazione come quel tanto di sottomissione e
insicurezza, però, credo che sia comune a tutti. Avevo proprio la sua età
quando ho cominciato la mia esperienza di lavoro, che è durata fino ai 26 anni.
A volte ho vissuto delle situazioni analoghe, pur lavorando in tutt'altri
ambienti, ma in ogni caso la mia reazione è sempre stata distaccata, fors'anche
insofferente: mi sono lasciato sempre scivolare addosso le cose, i garbugli, i
veleni, anche perché il lavoro non è e non sarà mai determinante per la mia
vita, non incide e non inciderà sul mio equilibrio. Al contrario di Moreno – e
parlo con sincerità – la mia ottica sul lavoro è molto più cinica e
opportunista: tempo e fatica in cambio di danaro, anche se tal scambio non è
mai equo, in nessun tipo di lavoro – il concetto è spiegato in maniera
piuttosto schietta nel capitolo uno, in uno degli interventi di onniscienza
letteraria del narratore.
Non amo
essere un propinatore araldico di messaggi, mi guardo bene dal cadere in
qualsivoglia demagogie e affini. Ciò che vorrei che il lettore capisse è che
sono felice di condividere con lui un pensiero; non veicolare ma confrontare
implicitamente una precisa ideologia sulla questione. Quando si legge il
romanzo, si capisce che il mio intento è unicamente quello di raccontare. In
prima persona, dentro e fuori al romanzo, cioè come autore e come persona, non
lancio un messaggio esplicito: sarebbe una pesca al consenso che puzzerebbe di
una certa ruffianeria. Non mi interessano né i grazie né gli accidenti, né
tantomeno suscitare particolare simpatia o rispetto. Vorrei solo spingere a
riflettere, vorrei trasmettere un qualcosa che ognuno è libero di interpretare
come meglio crede. Come ho già detto e come dico sempre ai miei lettori, il
vero protagonista di questo romanzo è chi lo legge.
5 – Che
sensazioni hai provato durante la stesura del libro?
In primo
luogo una sensazione di profondo impegno civile. Trattando questa tematica è
inevitabile che la finalità sia quella di fare qualcosa di utile per la
società, cioè informare. Quando ho chiuso la prima stesura del libro ho pensato:
"Vorrei che lo leggessero tutti: da chi sta tutto il giorno sul divano a
chi si uccide in fabbrica, dal più umile dei dipendenti al mega direttore
galattico (di prestito fantozziano)". Tuttavia, a lavoro finito, credo di
aver individuato le due tipologie potenziali di lettori ideali: da una parte
vorrei che lo leggessero i dipendenti di ogni tipo, possibilmente giovani;
dall'altra vorrei che lo leggessero sia gli imprenditori onesti che non hanno
nulla a che fare coi feroci padroni e dirigenti della Respiraplex, e che anzi
si possano indignare per la loro tirannide, sia gli imprenditori diversamente
umani che invece ci si identificano a pieno, per rendergli noto di quanto bruta
e indegna sia la loro condotta.
6 - Ci puoi raccontare, se c’è, un aneddoto sul
tuo libro?
Nel 2015,
durante una presentazione della prima edizione, quando ancora il romanzo si
chiamava "Il grande buio", una signora molto anziana e molto
elegante, al momento delle firme delle copie, mi si avvicinò e con una certa
compunzione mi dette del pezzo di merda. Scoprii poco dopo che era stata una
grande imprenditrice, che aveva letto il libro e che si era identificata con
tutto ciò che rappresenta la tirannide capitalistica. Non posso fare il nome,
ma sono felice che mi abbia letto. Qualcuno doveva pur dirglielo che nella vita
prima o poi tutto torna. Fu un'esperienza tragicomica, la quale ancora mi fa
sorridere.
7 – Oltre
alla scrittura quali sono le altre tue passioni?
Sono un
musicista da più di quindici anni. È una passione ma è anche una professione,
che faccio con enorme piacere ma che porto avanti anche con grande costanza e
sacrificio. Al contrario di quanto si pensi, quando si lavora con le arti ci
vuole una certa dose di fegato e di pazienza. Non tutti i risultati arrivano subito
e non sempre va tutto liscio. La produzione musicale è molto simile a quella
letteraria: oggi, infatti, e lo dico in aperta critica, si tende a non guardare
più all'artista e allo spessore dell'opera, ma alla sua previsione di successo
economico. Il che è abbastanza scandaloso.
8 - Quali sono i tuoi autori e libri preferiti:
puoi citarmene un paio?
Ti cito i
primi tre che mi vengono in mente: un italiano, un americano e un francese,
tipo barzelletta: Vasco Pratolini, "Lo scialo", John Fante, "Chiedi
alla polvere", e L. F. Céline, "Viaggio al termine della notte".
In realtà ho circa una cinquantina di autori migliori, anche se amo più seguire
dei filoni letterari piuttosto che il singolo autore. Un elenco in questa sede
sarebbe lunghissimo!
9– La
copertina trovo sia molto carina come è nata e come hai deciso di pubblicarla
cosi?
Ho voluto
rappresentare un Kandinskij in netta contrapposizione con la tipologia di arte
di cui si parla nel romanzo, che è prettamente rinascimentale. Nella composizione
VII in copertina ho riscontrato quasi tutti gli elementi e i colori che
appartengono alla vita interiore di Moreno, quindi in un certo senso lo
descrivo da subito, ancor prima del testo. A differenza della prima edizione,
ho scelto un'immagine e una copertina che possa accomodare e incuriosire il
lettore – cosa che poi non sono sicuro che possa avvenire per tutti leggendo il
testo. (Hai ancora ansia?).
10-
Sperando in un altro tuo libro, ti chiedo se puoi anticiparci qualcosa circa i
tuoi progetti per il futuro?
Sì, posso
anticiparti fin da subito che ho altri tre romanzi giunti all'ultima fase di
redazione. Ne pubblicherò uno all'anno nei prossimi anni. Il prossimo uscirà
indicativamente nell'estate del 2019. La nuova edizione de "Il grande
buio" che è diventato "Di là dal muro" è stata fatta appunto per
questo, per arricchire cioè ancora di più la mia cerchia di lettori, per
accompagnarli in quelli che saranno romanzi decisamente più scomodi e difficili
di questo.
11 - Infine
una curiosità: qual è stato l’ultimo libro che hai comprato e/o letto?
"Stoner"
di John Williams allo stand Fazi al SALTO18. Un'edizione perfetta, una
traduzione notevole. Williams è stato una rivelazione totale, che metto subito
al secondo posto, dopo John Fante, sulla classifica della mia letteratura
americana preferita.
Gabrio
Commenti
Posta un commento