Intervista all'autore : Vito Di Battista


Ciao lettrici e lettori,
con grande piacere vi pubblico una nuova intervista. Questa settimana l’ho realizzata grazie alla disponibilità dello scrittore  Vito Di Battista, autore del bel libro “L’ultima diva dice addio” che come sempre potete trovare la recensione nel blog (correte a leggerla nel caso in cui non lo aveste fatto).





Vito di Battista è nato nel 1986 in un paese d’Abruzzo a trecento gradini sul mare. Ha vissuto a Firenze, dove si è laureato in Letterature Comparate con una tesi su Romain Gary, Tarjei Vesaas e J.M. Barrie. Si è poi trasferito a Bologna, dove la stessa sorte è toccata a Ted Hughes, Sylvia Plath e Hart Crane.
Ha scritto per "Futura", la newsletter de «il Corriere della Sera», e per «Nuovi Argomenti».

Nel 2018 ha pubblicato il suo romanzo d’esordio L’ultima diva dice addio per SEM – Società Editrice Milanese."






                                                              1 – Se ce ne sono state, che difficoltà hai incontrato                                                                                                       durante la stesura del libro?
Forse la difficoltà più grande era nell’idea stessa di provare a scrivere un romanzo. Almeno per me, si trattava di uno scoglio mentale non da poco.

2 – Come è nata la tua idea di scrivere una biografia in forma di romanzo sulla vita di una diva del cinema, Molly Buck?

Molly Buck è stata un po’ la naturale materializzazione di un intento generale, che era quello di riflettere su temi come la memoria, la menzogna e il senso che ha scrivere una biografia. Sarebbe potuta essere una cantante o un qualunque tipo di personaggio pubblico, ma un’attrice – e, soprattutto, un’attrice di quell’epoca – per me incarnava la possibilità di finzione spinta al grado massimo. E dove c’è maggiore finzione, allora ci sono margini più ampi per indagare e inventare. È un processo circolare: si prende un personaggio che ha mentito per tutta la vita e lo si mette in scena, un’ultima volta, per interpretare se stessa invece di altri.

3 – Come mai l’idea di iniziare i capitoli sempre nello stesso modo? Trovo che sia originale e interessante.

Volevo provare a raccontare una storia che, oltre ad andare a ritroso, ricominciasse ogni volta dal principio. Quasi come se si potesse leggere un capitolo a caso e riuscire comunque a farsi un’idea della trama generale. Ma la circolarità e la ripetizione della narrazione sono soprattutto dei moti simbolici, che cercano di dare forma e struttura tanto all’ossessione del narratore che al “movimento” stesso che compie la nostra memoria. Ricordare significa questo, dopotutto: tornare indietro e ricominciare ogni volta da capo.

4 – Il personaggio della diva è davvero fantastico, ci hai messo tanto per “crearlo” e come hai raccolto le varie idee e dettagli che la riguardano? E come è avvenuta la scelta della bella copertina?

Non sono un cinefilo e ho una conoscenza della materia alquanto basilare, quindi mi sono dovuto documentare a dovere. Non miravo a scrivere un romanzo “sul cinema” ma, allo stesso tempo, non volevo scivolare in idiozie. Più che altro, mi interessava provare a creare un’atmosfera verosimile e realistica. E lo stesso discorso si applica alla protagonista. Non si ispira a nessuna attrice nello specifico, ma potrebbe essere un’eco di tante.
Riguardo la copertina, avevo proposto a SEM un’opera di una fotografa norvegese, che loro hanno adorato e che è stata la copertina “ufficiale” fino a qualche settimana prima della stampa, ovvero quando l’agenzia dell’artista ha deciso che la foto non poteva essere usata perché era ancora esposta in una galleria di Londra. Ci siamo allora rimessi in cerca di altre immagini, fino a quando l’editore non ha trovato quella che poi abbiamo scelto come copertina definitiva.

5 – In una intervista ho letto che affermi: «La mia Molly è una vera star che sa di mentire» Essendo una attrice si può dubitare della sua sincerità in ciò che fa scrivere al biografo, ma se invece fosse tutto vero? Non potrebbero esserci due fazioni: chi ritiene che sia sincera e chi pensa che menti? Per me è una donna fantastica, l’ho adorata!

In realtà, quella frase è stata inventata dal titolista dell’articolo. Ma non importa, perché è vero: Molly Buck mente, glissa su quello che non vuole raccontare o abbellisce aspetti che forse non erano così immacolati come lei ha scelto di tramandarli. Ci potrebbero essere tante fazioni, non solo due, soprattutto in relazione al finale, che è volontariamente soggetto a interpretazioni. Non mi sembrava giusto – né coerente – scrivere un libro sul potere della parola e sull’ambiguità della verità, e poi dare la mia versione dei fatti, quasi fosse una sentenza definitiva.
È proprio questo il punto, forse: anche quando si tratta di ridurre ai minimi termini una vita intera, non esiste un’unica verità, ma solo versioni della verità. Che possono essere infinite.

6 -  Ci puoi raccontare, se c’è, un aneddoto sul tuo libro?

Antonio Riccardi, l’editor di SEM, ha chiamato il mio agente dopo aver letto una ventina di pagine e gli ha detto “Lo voglio pubblicare”. Un paio di settimane dopo, quando ci siamo conosciuti, Riccardi mi ha detto subito due cose: che era felice di aver trovato un esordio che non fosse autoreferenziale e ombelicale, e che il romanzo gli sembrava un bellissimo omaggio a Viale del tramonto. Il primo commento mi ha fatto intuire quanto, nel mondo editoriale, l’opinione personale sia importante e spesso discriminante: poco tempo prima, l’editor di una grande case editrice aveva letto il testo e, pur avendolo apprezzato, lo aveva rifiutato perché troppo poco personale e autobiografico. Riguardo a Viale del tramonto, invece, gli ho risposto –  con un bel po’ di vergogna – che in realtà non l’avevo mai visto.

7 – Il tuo modo di scrivere è davvero molto elegante, preciso e dimostri grande padronanza con le parole: è una tua dote o hai seguito dei corsi di scrittura e come è nata la tua passione per la scrittura?

Ho seguito solo un breve laboratorio di scrittura durante il liceo, tenuto di pomeriggio da una professoressa di latino e greco. Per finire questo romanzo ci sono voluti meno di quattro mesi, anche se in realtà era un processo che andava avanti da quindici anni. Anni in cui ho scritto altro, ho letto, ascoltato, visto, riflettuto. Sono stati quelli il vero cantiere.
Non avendo mai seguito dei corsi di scrittura più strutturati, non saprei dirti se possano essere utili o meno. Ma credo che tutti gli scrittori, qualunque sia il loro iter, debbano sempre avere una cosa in comune: leggere prima di tutto i libri degli altri.

8 – Oltre alla scrittura quali sono le altre tue passioni?

Faccio barchette di carta con tutto quello che mi trovo sottomano. Ma forse questa è più una malattia mentale che una passione.

9 -  Quali sono i tuoi autori e libri preferiti: puoi citarmene un paio?

Credo che sia la domanda più difficile a cui rispondere e mi mette sempre in enorme imbarazzo, non so perché. Per non fare torti a nessuno, ti dirò tre nomi che, in modi diversi, compaiono nel romanzo: Romain Gary, Monique Truong e Nell Kimball. E, a questo punto, aggiungerei anche Tom Waits. Che forse si sarebbe meritato il Nobel ancor più di Bob Dylan.  

10 - Sperando in un altro tuo libro. ti chiedo se puoi anticiparci qualcosa circa i tuoi progetti per il futuro?

La mattina dopo la prima presentazione a Milano, che è stata il giorno stesso della pubblicazione, il direttore di SEM mi ha fatto la stessa domanda.
Un paio di mesi dopo aver finito questo romanzo – quindi tre anni fa – ne ho scritto un altro, che manderò alla casa editrice nei prossimi giorni. Vedremo cosa ne penseranno. Al momento, sto lavorando invece a un ipotetico “terzo”.

11 - Infine una curiosità: qual è stato il tuo ultimo libro che hai comprato e/o letto?

Rientro in quella categoria di persone che compra libri ma poi a volte li lascia in un angolo per anni. Ora sto leggendo Il tuo volto sarà l’ultimo di João Ricardo Pedro e la biografia di Truman Capote scritta da Gerald Clarke. L’ultimo comprato invece è Il ritorno del marinaio di David Garnett. Ma chissà quando lo leggerò davvero.

Grazie per il tempo che mi hai dedicato

A presto
Gabriele

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